Ringrazio Il diario dei lettori e Federica D’Ascani per la bella recensione che riporto qui di seguito.
Se desiderate leggerla nella sua versione originale potete farlo a questo link.
“Una corsa contro il tempo per salvare Diego e la sua anima. In che modo agire? Il Supremo Seduttore sembra avere un piano, ma richiederà sacrificio. Forse uno di troppo. E Saetta… Beh, lui è l’unico di cui si fidi Freccia, ma è anche inesperto, piccolo, promettente ma pur sempre allievo… Nero non può essere d’aiuto e Pinna Bianca incombe, come uno squalo, sulla vita del ragazzo. Cosa accadrebbe se il male fosse in grado di essere sovvertito dalle buone azioni dei suoi accoliti? Cosa accadrebbe se vi fossero le prove di una possibile redenzione nelle più alte sfere celesti, laddove Lucifero cadde? È davvero possibile tornare indietro e sperare nella grazia del Creatore? O come sostiene Pinna Bianca il male è fine a sé stesso e non si può tornare indietro? In un inferno orwelliano, dove esistono poveri diavoli destinati e condannati all’oblio contrapposti, invece, a diavoli consiglieri alla stregia dell’antica Roma, si svolge la storia di Freccia, un Tentatore Junior dall’animo gentile che per un solo episodio è stato condannato agli inferi. Freccia è appunto il nome del protagonista dell’omonimo romanzo d’esordio di Emilio Alessandro Manzotti. Forte delle contaminazioni di anni di letture, da Orwell alla saga del Signore degli Anelli per arrivare anche a quella più moderna di Harry Potter, Manzotti dipinge personaggi con caratteristiche ben precise, dai lineamenti marcati e mai lasciati in balia di sé stessi. Figura che spicca fra tutti, forse, il maestro, Nero, molto similare al Dumbledore di Potter per bontà d’animo e qualche scheletro nell’armadio da rivelare a tempo debito. In effetti vi sono molteplici chiavi di lettura in Freccia, degne di essere menzionate una per una. È chiara, fin dalle prime battute, la denuncia che Manzotti fa dell’ambiguità che vige nel nostro mondo, mediante la visione dell’Inferno così simile a molti scenari del nostro presente reale. Uomini inetti, incapaci di guadagnare fiducia e per questo inchiodati a un senso di ineluttabilità che deprime e avvilisce. Vi si legge una sorta di distinguo tra le diverse classi sociali, ma più che tra queste, la differenziazione tra gente che cerca di acculturarsi per non rimanere nell’ignoranza privandosi di appigli per una possibile ribellione, e il popolo “pecora” che pende dalle labbra dei potenti pur di sopravvivere senza colpo ferire. Snaturando un po’ l’idea che si ha del male, Manzotti parla chiaro circa la propria filosofia. Non esiste l’essere malvagio perché contaminato, ma esiste quello che sceglie di essere tale con le azioni discutibili e prive di empatia, volte solo al proprio arricchimento materiale e sociale. Si percepisce molto chiaramente come la tentazione, data anche dal progresso di cui siamo spettatori, arrivi a toccare anche chi è per natura, o scelta, buono e tendente all’amore verso il prossimo. Nessuno è al sicuro dalla bramosia, chiunque può cadere in quella che viene definita “la fossa dei perduti”. Interessante constatare come gli autori, al proprio esordio, sprizzino vitalità a ogni pagina, desiderosi di raccontare, mettere a parte il lettore del proprio modo di pensare e fa riflettere come l’esemplificazione di ipotetici inferni e paradisi diano largo margine di azione in questa necessità di divulgazione. Diciamo che il pensiero di Manzotti non si discosta affatto da quello che vige nella mente di molti, e Freccia diviene così una sorta di istantanea della situazione politica e sociale della nostra epoca. Diversi i sotto testi, ma diversi anche i narratori che, nel romanzo, si rincorrono e accavallano, risultando a volte un poco dispersivi e non indispensabili per l’economia della storia che comunque “sfreccia”, lasciando al lettore la continua domanda del “che accadrà adesso”? Un buonissimo punto di partenza per un autore al suo esordio che da prova di conoscere l’italiano e di saperlo scrivere, fatto non così scontato come verrebbe da pensare in questi tempi moderni dove l’autopubblicazione sopperisce a un’ignoranza latente in nozioni grammaticali e sintattiche. Manzotti restituisce a molti l’idea dello scrittore, inteso come persona che studia, e lo fa per bene, prima di mettersi in gioco. Decisamente cattivi i cattivi e un poco più ambigui i buoni che, diciamocelo, non fanno mai tanta presa sul lettore. Anche Freccia non risulta simpatico o empatico come invece dimostra di fare Saetta, o Nero o, perché no, proprio il Supremo Seduttore che sembra ammiccare da ogni foglio, lanciando seducenti appigli per rimanere impresso nella memoria. Molto più del giovane ladro Diego che risulta una persona normalissima, scossa da pensieri contrastanti come la maggior parte delle persone toccate dalle sofferenze proprie della vita. Si rimane un po’ perplessi davanti agli atteggiamenti di Alice e i suoi amici, forse un po’ troppo infantili per l’età che hanno, rimanendo la parte comunque dispersiva che, “se asciugata”, non minerebbe affatto la buona riuscita della trama. Freccia, rimane comunque a mio avviso, un ottimo inizio per proseguire il mestiere di scrittore. Manzotti: stupisci!”